mercoledì 29 maggio 2013

Un rosa che illumina e colora le Dolomiti

E' questa l'immagine che caratterizza il Giro d'Italia 2013, conclusosi lo scorso 26 maggio. Vincenzo Nibali che taglia in solitaria il traguardo delle Tre Cime di Lavaredo con indosso la maglia rosa. Una tappa e tutta una ultima settimana di giro con condizione climatiche avverse, freddo e neve che rendono ancor più memorabile l'impresa del ventottenne di Messina.

Un giro senza storia, che perde presto due possibili protagonisti come Hesjedal e Wiggins vincitori rispettivamente di Giro e Tour 2012 e dominato in lungo e in largo da Nibali, capace di vincere due tappe.

E l'impresa di Nibali riscatta uno sport purtroppo sempre funestato da notizie di doping. Anche in questo giro due positivi ai controlli, il caso più clamoroso la positività di Danilo Di Luca, vincitore del Giro 2007, all'Epo. Quello che resta impresso è la rabbia dello "squalo dello Stretto" (questo il soprannome di Nibali fin dagli esordi) a fine gara, quando dichiara che voleva dare un segnale, che il ciclismo si può fare con la fatica vera e il sudore, senza imbrogli e scorciatoie. Perchè vincere e perdere fa parte della vita prima ancora che dello sport.

Il volto bello di questo sport e che emoziona è anche l'immagine di Valerio Agnoli che piange dopo il traguardo che incorona il proprio compagno di squadra di Nibali. Non riesce nemmeno a parlare, perchè hanno vinto il Giro, sì hanno vinto tutti, perchè in ogni colpo di pedale di un gregario c'è un pezzo di questa vittoria.

 

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